Politiche migratorie: percezioni, conseguenze e alternative. Progetto MORE

Image source: UNAMID/Albert González Farran People internally displaced by conflict return home after spending more than seven years in a camp in Aramba, North Darfur. Aramba, Sudan. July 2011 (CC BY-NC-ND 2.0).

 

Le politiche di rimpatrio e riammissione sono previste dall’Unione Europea e dagli Stati membri in caso di migrazione irregolare. Spesso però i tentativi di migliorare l’efficacia di tali politiche hanno comportato limitazioni dei diritti delle persone migranti, tramite letture vincolanti della direttiva sui rimpatri, tese perlopiù ad aumentare rimpatri ed espulsioni. Tali misure non sono riuscite a migliorare «l’efficacia» delle politiche, e rischiano invece di violare dei diritti fondamentali.

Lo scorso 1° ottobre ha preso il via il progetto di ricerca MORE – Motivations, experiences and consequences of returns and readmissions policy: revealing and developing effective alternatives, di cui il Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali è partner referente per l’Italia.

Il progetto mapperà le politiche di rimpatrio e riammissione a livello dell’Unione Europea e a livello italiano, includendo anche le prospettive e le esperienze dei soggetti che sono interessati in prima linea dalle politiche migratorie, come gli immigrati senza documenti. Attraverso un lavoro etnografico sul campo, MORE studierà l’efficacia delle politiche in atto, esaminando le percezioni dei migranti e le conseguenze di queste politiche, per indicare soluzioni alternative  alle politiche di rimpatrio e riammissione.

“Uno dei problemi di lettura del fenomeno migratorio – spiega Fabio Perocco, professore di Sociologia al DFBC e responsabile scientifico di MORE, al quale lavora con la ricercatrice Francesca Cimino – è che non viene data sufficiente e adeguata importanza alle cause profonde, strutturali e permanenti alla base delle migrazioni internazionali contemporanee, così come all’ampliamento, alla acutizzazione e alla combinazione di tali cause, che rendono le migrazioni un fenomeno altrettanto strutturale, irreversibile, sempre più ampio e permanente”.

Ci date un’idea quantitativa del fenomeno migratorio verso l’Europa?

È bene premettere che le rotte migratorie utilizzate dai migranti in arrivo in Europa sono molteplici e cambiano molto velocemente, a seconda di un’ampia varietà di fattori, tra i quali le condizioni sociali-economiche-politiche-ambientali dei paesi di origine, le politiche migratorie dei paesi di transito e di destinazione, le politiche dei visti, e così via. La dimensione quantitativa è difficile da definire, per l’ampiezza, la mutevolezza e la stratificazione del fenomeno migratorio, e per l’impossibilità a procedere alla registrazione di tutte le persone in arrivo.

Fatte queste premesse, le agenzie delle Nazioni Unite stimano che nel 2023 siano arrivati sulle coste italiane, via mare, finora, circa 105.000 persone. Nel 2016, l’anno in cui l’Italia ha ricevuto più arrivi in assoluto finora, erano arrivate 181.000 persone. Accanto al numero di migranti in arrivo, è importante ricordare il numero di migranti morti nel tentativo di attraversare il mar Mediterraneo: sono stati circa 1.400 nel 2023. Un numero spaventoso.

Qual è l’obiettivo del progetto?

Il progetto MORE – Motivations, experiences and consequences of returns and readmissions policy: revealing and developing effective alternatives, finanziato dal programma Horizon Europe e di durata triennale, chiarisce in cosa consistono e come si intrecciano le pratiche di rimpatrio e riammissione, analizza le conseguenze che hanno sugli immigrati undocumented e sulla società in generale. Mediante una ricerca qualitativa in 13 paesi, tra i quali anche paesi non appartenenti all’Unione Europea, il progetto esamina risultati ed effetti di queste politiche sulla base delle esperienze vissute dagli immigrati e da altri soggetti coinvolti da esse; inoltre suggerisce approcci alternativi, anche attraverso la mappatura e l’analisi delle migliori esperienze e pratiche a livello locale, nazionale, transnazionale.

È importante comprendere con chiarezza alcune cose fondamentali: qual è la differenza fra rimpatrio e riammissione, parole chiave del progetto MORE?

Rimpatrio e riammissione implicano azioni e procedure differenti, nonostante i due termini possano essere, inavvertitamente, confusi.

Il rimpatrio indica quell’insieme di misure messe in atto per ricondurre un cittadino di un Paese Terzo presso il suo paese di origine. Generalmente il rimpatrio può essere “forzato”, cioè contro la volontà del diretto interessato nel momento in cui il cittadino non goda, o non goda più, del diritto a soggiornare regolarmente sul territorio nazionale, oppure “volontario” qualora la scelta di tornare in patria sia del cittadino.

La riammissione, invece, è funzionale al rimpatrio, in quanto è tipica di uno Stato che prevede nella propria normativa la possibilità di riammettere propri cittadini emigrati in passato. Si parla spesso di “Accordi di Riammissione”, stipulati di solito tra due o più governi e volti ad adottare procedure rapide per l’identificazione e il rimpatrio di cittadini presenti in maniera irregolare sul territorio di uno degli stati contraenti.

Quali saranno i primi passi del progetto?

I primi passi prevedono l’analisi approfondita, sistematica e multilivello dello sviluppo delle politiche di rimpatrio e riammissione; la disamina delle alternative per i cittadini di Paesi Terzi, realizzando un quadro comparativo degli status giuridici, delle pratiche e degli approcci di regolarizzazione de jure o de facto, per legge o che di fatto esistono; l’analisi delle ragioni politiche ed economiche, nonché dei discorsi pubblici e mediatici, concernenti le suddette politiche di rimpatrio e riammissione.

Come raccoglierete le testimonianze degli immigrati senza documenti?

La ricerca empirica prevede l’utilizzo di metodi qualitativi secondo un approccio etnografico, facendo ricorso sia ai metodi per così dire più “tradizionali” (osservazione partecipante, interviste in profondità, focus group) sia a metodi partecipativi meno comuni come walking interviews, photovoice, innovation Lab.

Dato che il progetto si svilupperà nell’ambito delle migrazioni, anche “irregolari”, si presentano indubbiamente delle sfide. I cambiamenti sociali e geopolitici a cui stiamo assistendo negli ultimi anni comportano delle conseguenze anche sulle migrazioni internazionali, che cambiano per la loro natura frequentemente e in maniera repentina. Tra i possibili limiti, si può annoverare la difficoltà ad entrare in contatto con gli immigrati a causa del clima anti-immigrati e della guerra alle migrazioni presente in gran parte d’Europa.

Il partenariato del progetto MORE è ampio e molto qualificato. I partner sono l’Università di Barcellona – European Social Research Unit; la Libera Università di Bruxelles – Centre Metices; Picum (Platform for international cooperation on undocumented migrants); Mirovni Institut (Slovenia); Kentro Merimnas Oikogeneias Kai Paidiou (Grecia); l’Università di Oxford – Compas School of Anthropology; Red Barnet (Danimarca); l’Università Linköping – Remeso Institute for Research on Migration, Ethnicity and Society (Svezia); l’Università di Gottinga – Istituto di Antropologia (Germania); il Centre for European Policy Studies (Belgio) e l’Università Ca’ Foscari Venezia – Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali – Laboratorio di Ricerca Sociale.

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